Riserva Naturale Monte Conca

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Descrizione

Ubicazione: Campofranco (CL)
Superficie: 245 Ha
Tipo di interesse scientifico: Speleologico
Grado di interesse scientifico: Regionale
Categoria: Areale

Il Geosito coincide con il motivo istitutivo della Riserva Naturale Regionale Monte Conca, il sistema carsico in rocce gessose afferenti alla Serie Gessoso-solfifera siciliana. Si tratta di un complesso carsico attivo costituito da un inghiottitoio (posto alla fine di una valle cieca sul versante sud del Monte Conca e localmente detto “zubbio”), da più livelli di brevi gallerie sovrapposte collegate da pozzi e da una risorgenza (detta anche “Grotta di Carlazzo”). La cavità ha un andamento prettamente verticale, ha uno sviluppo di 520 m e un dislivello negativo di 108 m che ne fa la più profonda in Sicilia  e tra le più profonde in Italia  tra le grotte su rocce evaporitiche. 

L’inghiottitotio, infatti, dopo una galleria iniziale di circa 100 m, prosegue con sequenza di 4 pozzi cascata rispettivamente di 9 m, 12 m, 31 m e 26 m, intervallati da brevi collegamenti orizzontali. Alla base dei pozzi sono presenti ampie marmitte scavate dal violento impatto dell’acqua che spesso trascina notevoli quantità di materiale. Il “collegamento fisico” fra inghiottitoio e risorgenza non è possibile per la presenza di un sifone terminale. Le acque riemergono nella grotta di Carlazzo (o risorgenza di Monte Conca), dopo aver effettuato un percorso ipogeo di circa 250 metri. La risorgenza, interessata da una falda perenne, sgorga al contatto fra i gessi e le argille impermeabili sottostanti. 

Si apre sul versante nord del Monte Conca, ai piedi di una parete gessosa sulla quale, ad una altezza di circa 40 m, è ancora visibile la paleorisorgenza.

La Flora

L’interesse per il paesaggio vegetale dell’area è strettamente collegato ad alcuni specifici ambienti ed ecosistemi.

Di notevole interesse vegetazionale sono ad esempio le aree umide come quella del torrente che alimenta l’ingiottitoio di Monte Conca e quella lungo il fiume Gallo d’Oro, oppure la sorgente in c.da Fontana di Rose, aree in cui è possibile rinvenire qualche esemplare arboreo di Pioppo nero (Popolus nigra) o Salice (Salix alba), ma anche aspetti arbustivi come Tamerici (Tamarix africana) e Cannuccia di palude (Phragmites australis). Essenze tipiche dei boschi ripariali dell’area mediterranea.

Le porzioni di Riserva che non sono state antropizzate, o da lungo tempo abbandonate, presentano una vegetazione a macchia, degradata, tipica di substrati gessosi molto aridi, caratterizzata da praterie ad Ampelodesma (Ampelodesmos mauritanicus), noto anche con il nome dialettale di “ddisa”. Si tratta di una prateria floristicamente povera, la cui destinazione d’uso è limitata all’attività pascoliva e che ha risentito per molti anni dell’azione del fuoco.

Le aspre rocce ed i ripidi pendii rocciosi sono interessati da cespi compatti di Euforbia cespugliosa (Euphorbia caracias), Euforbia arborea (Euphorbia dendroides), Erica multiflora (Erica multiflora).

La maggior parte dell’area è rappresentata da praterie di entità termofile a Ruta d’Aleppo (Ruta chalepensis), Asparago bianco (Asparagus albus), Timo arbustivo (Thymbra capitata).  La cenosi si arricchisce anche di altri elementi legnosi quali l’Alaterno (Rhamnus alaternus) e il Lentisco (Pistacia lentiscus). Frequente in tutto il territorio è la presenza della Scilla maritima (Drimia maritima).

Diverse anche le specie di orchidee all’interno della Riserva, si riscontrano infatti l’Orchidea farfalla (Orchis papilionacea), Serapide maggiore (Serapias vomeracea), l’Ofride gialla (Ophrys lutea) e l’Ofride scura (Ophrys fusca).

Le attività di tipo forestale sono rappresentate da un piccolo impianto a Eucalyptus sp. pl., localizzato a margine del Torrente S. Giuseppe all’estremo confine settentrionale della Riserva; alla sommità di Monte Conca sono presenti isolati individui di Roverella (Quercus cfr. virgiliana) e di Pino marittimo (Pinus pinaster), probabilmente frutto di fallimentari tentativi di rimboschimento.

Geologia

La Riserva Naturale Integrale “Monte Conca” ricade nella Sicilia centro-meridionale, in quel settore dell’Isola che, dal punto di vista geologico, rappresenta il “bacino evaporitico di Caltanissetta”.

Per quanto riguarda la geologia dell’area di Riserva si compone di due parti distinte: i rilievi gessosi di Monte Conca, Rocche di Don Michele, Cozzo Don Michele e Rocche di Tullio che occupano la maggior parte dell’area tutelata; l’altra, più limitata in estensione, rappresentata dai versanti argilloso-marnosi delle Contrade Zubbio, S. Paolino e delle zone che bordano le Rocche di Tullio e di Don Michele.

L’attuale assetto morfologico è il risultato dell’interferenza tra i processi della dinamica dell’atmosfera, cioè il risultato di un’intensa attività erosiva esercitata su rocce di varia natura e quindi a diversa resistenza nei confronti degli agenti atmosferici che le hanno così modellate nel corso dei millenni.

Fra i substrati, particolarmente interessante è il complesso costituito da banchi di gessi alternati ad argille gessose, talora intercalati a piccole lenti di calcare solfifero. Il gesso è il principale costituente delle rocce evaporitiche, che hanno origine chimica, sono costituite da carbonati, solfati e cloruri e si generano per precipitazione di tali sali da soluzioni acquose ad elevata concentrazione. Il gesso è un minerale che si presenta in natura in diverse forme; si può ritrovare sotto forma di cristalli di svariate dimensioni, (dal micron a qualche metro) o come particelle detritiche derivanti dalla disgregazione di cristalli preesistenti. I cristalli sono generalmente di tenue colorazione o trasparenti.

Le rocce gessose sono, con il calcare, una delle due tipologie di rocce “carsificabili”, cioè solubili in acqua. Nell’area le forme carsiche ipogee sono abbastanza sviluppate e si manifestano con la presenza di numerose grotte, tra le quali la più importante è il Sistema carsico di Monte Conca. Questo è uno dei sistemi carsici nei gessi più estesi e profondi della Sicilia, con uno sviluppo spaziale complessivo di 1869 m e un dislivello di circa 130 m. Si tratta infatti di un sistema attivo completo caratterizzato da un inghiottitoio, localizzato alla fine di un’ampia valle cieca che si apre sul versante sud di Monte Conca, da una risorgenza, ubicata al contatto tra le unità gessose e quelle argillose sottostanti e da una paleorisorgenza sita a circa 40 m di altezza rispetto all’attuale risorgenza e di poco spostata dalla sua verticale. La risorgenza riversa le acque del sistema nel Gallo d’Oro, affluente sinistro del Fiume Platani.

L’assetto generale della grotta è caratterizzato dalla presenza di due diverse zone, una attiva ed una non attiva. Quella attiva è costituita da una galleria superiore, una sequenza di quattro pozzi e una galleria inferiore di tipo meandriforme, che dopo circa 400 m diventa impraticabile, permettendo soltanto il deflusso delle acque che ritornano in superficie attraverso la Grotta di Carlazzo. Quest’ultima costituisce la risorgenza dell’intero sistema carsico; si tratta di una cavità che si sviluppa su due livelli sovrapposti, quello inferiore attivo e quello superiore fossile.

A parte i processi carsici che interessano i rilievi di natura calcarea e gessosa, dal punto di vista geomorfologico l’area in studio è soggetta ad un modellamento di tipo fluvio-denudazionale, dovuto cioè all’azione delle acque meteoriche e di scorrimento, sia selvagge che incanalate.

Infine, ai modellamenti naturali bisogna aggiungere il modellamento antropico. In tutto il territorio, infatti, le pratiche agricolo-pastorali hanno determinato sensibili mutamenti dell’originario equilibrio ambientale, alterazioni superficiali della morfologia del territorio e alterazioni del sistema idraulico- forestale e vegetazionale.

La Fauna

Il territorio della riserva è stato da sempre oggetto di un’intensa attività venatoria e di bracconaggio, questa insieme al degrado degli ambienti ed all’utilizzo di fitofarmaci nei campi coltivati che insistono all’interno e nelle adiacenze dell’area, hanno prodotto un progressivo depauperamento delle specie faunistiche presenti. Grazie però all’azione di vigilanza e di salvaguardia dell’Ente Gestore si ha di nuovo la possibilità di poter osservare diverse specie.

Tra i mammiferi la Volpe (Vulpes vulpes) è la specie più facilmente rinvenibile, seguita dal Coniglio (Oryctolagus cuniculus) e dall’Istrice (Hystrix cristata), presenti in tutti gli habitat. Più rara è la presenza della Lepre (Lepus corsicanus) e della Donnola (Mustela nivalis). Il Riccio europeo (Erianceus europaeus consolei) appare molto più localizzato nelle zone agricole. Per quanto riguarda i piccoli roditori, la specie a maggior abbondanza è l’Arvicola del Savi (Microtus savii nebrodensis), segue il Topo selvatico (Apodemus sylvaticus), più rari i due insettivori: la Crocidura (Crocidura sicula) ed il Mustiolo (Suncus etruscus).Vista la morfologia dell’area, con le tante cavità presenti, nonchè la presenza di acqua data dal fiume Gallo d’Oro, nutrita è la popolazione di chirotteri che popolano il territorio, noti anche con il nome di pipistrelli. Tramite monitoraggi effettuati con la tecnica dell’ecolocalizzazione, è stato possibile censire 7 specie di pipistrelli, tra cui le più presenti risultano essere il Pipistrello albolimbato (Pipistrellus kuhlii), registrato presso il c.d. Ponte Romano, oltre che in vicinanza del fiume ed anche presso altre tipologie di habitat, come nelle aree coltivate a cerealicolo e perfino attorno alle luci stradali; ed il Pipistrello nano (Pipistrellus pipistrellus) che è stato contattato un buon numero di volte principalmente nei pressi del Fiume Gallo d’Oro, ma anche nelle zone coltivate e nelle aree di gariga.

La distribuzione degli uccelli all’interno della Riserva è legata alla peculiarità dei diversi ambienti, che permettono l’esistenza sia di specie stanziali che migratorie. Le specie più frequenti sono il Saltimpalo (Saxicola torquatus) e l’Occhiocotto (Sylvia melanocephala) che, insieme con il Fringuello (Fringilla coelebs), il Cardellino (Carduelis carduelis), il Codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochruros), hanno una frequenza simile in tutti gli ambienti. Anche la Poiana (Buteo buteo) ed il Gheppio (Falco tinnunculus), che cacciano preferenzialmente negli ambienti aperti di gariga, sono molto presenti, insieme alla Taccola (Corvus monedula) che nidifica nelle pareti interne dell’area. Durante il periodo di nidificazione, al nucleo di specie stanziali si aggiungono le specie estivanti che nidificano nell’area, come il Gruccione (Merops apiaster). Per i Rapaci notturni, è nota solo la presenza di tre specie: l’Assiolo (Otus scops), la Civetta (Athene noctua) ed il Barbagianni (Tyto alba), che corrispondono alle esigenze ecologiche ed alle preferenze di habitat delle singole specie. L’area della Riserva è interessata dalla presenza di specie di rapaci importanti e protette ai sensi dell’Allegato 1 della Direttiva ‘Uccelli’. Tra queste abbiamo quindi una coppia di Aquila del Bonelli (Aquila fasciata), il Lanario (Falco biarmicus), il Pellegrino (Falco peregrinus) ed il Grillaio (Falco naumanni), specie che costituiscono anche indicatori privilegiati della qualità ambientale e del livello di tutela ed integrità degli habitat. L’ambiente fluviale è frequentato da specie come il Tarabusino (Ixobrychus minutus), l’Airone cenerino (Ardea cinerea), la Gallinella d’acqua (Gallinula chloropus) e diverse specie di anatidi, così come le aree più aride e steppiche sono interessate dal transito e dalla sosta dell’Upupa (Upupa epops).

Per quanto riguarda gli anfibi vi è la presenza di tre specie: il Discoglosso (Discoglossus pictus), la Rana verde (Pelophylax) e la Raganella (Hyla). Tra i Rettili sono state contattate in totale sette specie, tra queste la Lucertola campestre (Podarcis sicula) è facilmente rinvenibile in quasi tutti gli ambienti presenti nella Riserva con elevate densità di individui. Molto facile anche notare la presenza del Biacco (Hierophis viridiflavus), specialmente durante le ore più calde della giornata e durante la stagione di massima attività (maggio-agosto).

I Segni dell'Uomo

L’area della Riserva, trovandosi all’incrocio di importanti vie di comunicazione fluviali e terrestri, e grazie alla propria posizione dominante rispetto ad altre porzioni del territorio circostante, ha sempre rivestito una notevole importanza strategica. La presenza di importanti vie d’acqua navigabili come il Fiume Gallo d’Oro, di rilievi collinari spesso di difficile accesso, e di numerose sorgenti, ha favorito la nascita di insediamenti umani e lo sviluppo delle aree coltivate. L’interesse dell’uomo per questo sito è infatti testimoniato dalla presenza di attività e di molteplici emergenze storiche, archeologiche ed antropologiche, databili dall’età neolitica fino ad epoche più recenti.

In contrada Zubbio, e più precisamente in prossimità del versante meridionale di Monte Conca, accanto alla presenza di una serie di tombe a grotticella artificiale, sono state rinvenute le tracce di un insediamento fortificato di origine medioevale, che probabilmente aveva funzioni di controllo del territorio. In prossimità di esso sono state trovate numerose monete, resti fittili ed un grosso vaso integro probabilmente risalenti all’epoca bizantina.

In corrispondenza invece del versante meridionale di Monte Conca e nel punto di confine tra il versante sud-orientale e la Contrada S. Paolino, si trovano le tracce di numerose tombe scavate nella roccia, sia del tipo a forno che a pianta circolare, probabilmente risalenti all’epoca neolitica.

Viene altresì localizzata sulla sommità del Monte Conca, un’area di interesse archeologico rappresentata da una necropoli in cui sono state rinvenute tombe risalenti all’età del bronzo. Ma anche dei resti di un insediamento militare risalente all’XI – XII secolo d.C., verosimilmente a guardia del sottostante guado relativo ad una delle principali vie di comunicazione. L’area della Riserva è infatti interessata dalla presenza del tratto di un  itinerario già riscontrato in documenti della fine del 1200 d.C., ed esplicitamente citata da Federico III come un asse di comunicazione molto importante che da Sutera, attraversando il fiume Salito, oggi Gallo d’Oro, costeggiava il casale di Milocca in direzione Grotte. Si evidenzia infatti proprio in quel tratto di fiume, la presenza dei resti di un ponte. Si tratta di una struttura seicentesca di notevole interesse storico-architettonico che ha probabilmente incorporato una struttura più antica, probabilmente risalente all’epoca romana. Il ponte, crollato più volte nei secoli e più volte ricostruito, cadde definitivamente in rovina nel 1982.

Diverse anche le tracce lasciate dall’uomo in epoche più recenti. Dalla presenza nel territorio agricolo di alcuni manufatti definiti “cubuluni”, di forma circolare con copertura in pietra che servivano anticamente come ripari o ricovero attrezzi, a servizio dell’attività colturale. O anche un’antica vasca di raccolta delle acque, oggi in completo stato di abbandono, accanto alla sorgente “Fontana di Rose”, situata ai piedi delle rocche di Don Michele.

Nel territorio sono presenti anche alcuni manufatti legati all’attività di estrazione dello zolfo, che ha caratterizzato questo territorio fino alla seconda metà del secolo scorso.

Rimangono in particolare i resti, ubicati in contrada Zubbio, di una fornace e di una “Discenderia”. Sul versante nord della Rocca di Tullio sono inoltre ancora visibili le tracce della teleferica mineraria che trasportava il materiale estratto dalla Miniera Bosco (Serradifalco) alla stazione di trattamento di sali potassici, ubicata lungo la SS189 nel comune di Casteltermini.

Oggi invece l’attività dell’uomo è legata alle varie pratiche agricole. Queste sono condotte principalmente nel settore sud-orientale della Riserva, e localmente anche altrove, specie al margine del Fiume Gallo d’Oro e lungo i versanti meno acclivi dei rilievi, e sono rappresentate  da colture estensive di cereali e altre foraggere, al quale si affiancano le colture ad Ulivo, a Mandorlo ed a Vite, con piccoli appezzamenti a conduzione familiare, nell’ambito dei quali si registra un basso impiego di composti chimici, volti a migliorare o ad implementare la produzione.

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