Geositi

Geosito "Grotta di Entella"

Il Geosito coincide con il motivo istitutivo della Riserva Naturale Regionale Grotta di Entella, la grotta, con morfologia a meandri scavata nei gessi macrocristallini del Messiniano e afferenti alla Serie gessoso-solfifera siciliana. La grotta si apre alla base della scarpata occidentale di Rocca di Entella, ad una quota di circa 400 m. 

Presenta uno sviluppo complessivo di circa 900 m e un dislivello positivo di 45 m; è costituita da tre livelli di gallerie sub-orizzontali collegate da piccoli pozzi o scivoli. La Grotta costituisce una cavità risorgente inattiva e attualmente non presenta una connessione esplorabile con il punto di assorbimento che, verosimilmente, è da collocarsi all’interno di una delle doline poste sulla sommità della Rocca e risulta mascherato dalla spessa coltre eluvio-colluviale. 

Gli ambienti di grotta sono interessati da un ricco concrezionamento di stalattiti e stalagmiti (di natura sia calcitica che gessosa) e da vari tipi di infiorescenze di gesso, che conferiscono alla grotta un particolare pregio estetico. Sono diffusamente presenti anche spessi depositi fisici di natura alluvionale che testimoniano diversi eventi di totale riempimento e successivo svuotamento delle gallerie ipogee e che hanno favorito lo sviluppo di forme erosive epigenetiche, quali canali di volta e pendenti

Di rilevante interesse scientifico, per la loro rarità, sono alcuni depositi di grotta ferro-manganesiferi nel salone terminale del ramo basso e alla base del pozzo di collegamento con il ramo superiore. La galleria superiore presenta depositi alluvionali, spessi oltre due metri, costituiti oltre che da sedimenti di varia natura (sabbie, ciottoli) anche da grandi quantità di cocci ed ossa di animali, prelevati in superficie e trasportati  all’interno della grotta dalle acque provenienti dal pianoro sommitale, su cui insisteva la città elima di Entella.

Geosito "Grotta Conza"

Il Geosito coincide con il motivo istitutivo della Riserva Naturale Regionale Grotta Conza, cavità carsica con forme di erosione marina. Nell’area del palermitano risulta essere l’unica grotta con un andamento ascendente. La sua formazione è legata a processi carsici, favoriti dalle presenza di Argilliti del Flysch Numidico interposti tra le carbonatiche Unità Panormide superiore e ’Unità Panormide intermedia. 

Rappresenta uno dei pochi siti del settore dei Monti di Palermo in cui è osservabile il piano di scorrimento tra le due Unità, visibile all’ingresso della grotta. La pendenza del pavimento del salone della grotta, che si sviluppa verso l’interno con un angolo di circa 30°, coincide con i valori di pendenza attribuiti al piano di sovrascorrimento, così come riportati dalla letteratura geologica. La grotta, il cui ingresso è posto ad una quota di 197 m alle pendici di Pizzo Manolfo, deve la sua origine all’azione di dissoluzione carsica in concomitanza ai processi gravitativi, esplicatisi tramite frane di crollo che hanno interessato la volta della cavità e i cui accumuli sono tuttora presenti sul pavimento. Il periodo di formazione di risale al Pleistocene medio-superiore. 

Dal punto di vista ideogeologico la grotta si configura come una grande risorgenza costituita da un unico ambiente di circa 90 m di lunghezza. La zona principale è rappresentata dall’ampio salone iniziale, di forma semiellittica, largo 25 m e alto circa 10 m. 

Sulle pareti e sul soffitto si possono osservare diversi tipi di speleotemi come vaschette, stalattiti, stalagmiti e sottili e trasparenti cannule, lo stadio iniziale nella formazione delle stalattiti. La grotta è stata rifugio dell’uomo paleolitico, testimoniato dai resti di pasto, frammenti ossei di mammiferi e molluschi, utensili in selce e ossidiana ritrovati nel talus all’ingresso della cavità.

Molte zone che in epoca remota erano ricoperte da lussureggianti boschi sono adesso caratterizzate da ambienti di gariga e prateria steppica, stadi degradati della preesistente macchia mediterranea, dove la specie più rappresentativa è l’Ampelodesma (Ampelodesmos mauritanicus) detto volgarmente “ddisa”. Ambienti questi sviluppatisi in seguito al passato sfruttamento agro-silvo-pastorale dei suoli, con il progressivo taglio dei boschi ed il massiccio allevamento degli ovini.

Con l’abbandono adesso di queste pratiche agricole, si sta assistendo nelle zone a più bassa pendenza, ad un progressivo ritorno della macchia, con la presenza di specie come l’Euforbia arborescente (Euphorbia dendroides), il Pomo di Sodoma (Solanum sodomaeum), la Salsapariglia (Smilax aspera) e l’Asparago bianco (Asparagus acutifolius).

La vegetazione rupestre che cresce spontanea in nicchie e anfratti delle pareti rocciose e nei tratti a balze di raccordo tra il pianoro che sovrasta la grotta e le zone meno acclivi, è caratterizzata dalla presenza del Cappero (Capparis spinosa), del Fico d’India (Opuntia ficus indica), dal Garofano di montagna (Dianthus rupicola).

Infine, nella zona attorno alla grotta, sono caratteristici i rimboschimenti con essenze di Pino d’Aleppo (Pinus halepensis), Cipresso (Cupressus), Acacia (Acacia constricta) ed Eucalipto (Eucalyptus).

Geosito "Sistema carsico di Monte Conca - Inghiottitoio di Monte Conca"

Il Geosito coincide con il motivo istitutivo della Riserva Naturale Regionale Monte Conca, il sistema carsico in rocce gessose afferenti alla Serie Gessoso-solfifera siciliana. Si tratta di un complesso carsico attivo costituito da un inghiottitoio (posto alla fine di una valle cieca sul versante sud del Monte Conca e localmente detto “zubbio”), da più livelli di brevi gallerie sovrapposte collegate da pozzi e da una risorgenza (detta anche “Grotta di Carlazzo”). La cavità ha un andamento prettamente verticale, ha uno sviluppo di 520 m e un dislivello negativo di 108 m che ne fa la più profonda in Sicilia e tra le più profonde in Italia tra le grotte su rocce evaporitiche.

L’inghiottitotio, infatti, dopo una galleria iniziale di circa 100 m, prosegue con sequenza di 4 pozzi cascata rispettivamente di 9 m, 12 m, 31 m e 26 m, intervallati da brevi collegamenti orizzontali. Alla base dei pozzi sono presenti ampie marmitte scavate dal violento impatto dell’acqua che spesso trascina notevoli quantità di materiale. Il “collegamento fisico” fra inghiottitoio e risorgenza non è possibile per la presenza di un sifone terminale. Le acque riemergono nella grotta di Carlazzo (o risorgenza di Monte Conca), dopo aver effettuato un percorso ipogeo di circa 250 metri. La risorgenza, interessata da una falda perenne, sgorga al contatto fra i gessi e le argille impermeabili sottostanti.

Si apre sul versante nord del Monte Conca, ai piedi di una parete gessosa sulla quale, ad una altezza di circa 40 m, è ancora visibile la paleorisorgenza.